Selvaggia Lucarelli dice che nessuno recensisce “Il vaso di Pandoro”. Lo abbiamo fatto noi. Bisogna leggerlo per capire una società di morti di storytelling. Non vale solo per Fedez e Chiara Ferragni ma… – MOW


La storia dei Ferragnez ci riguarda tutti, che lo vogliamo o no. Perché oltre al gossip, alle vicende giudiziarie e ai moralismi c’è molto altro. Selvaggia Lucarelli, nel suo ultimo libro, “Il vaso di Pandoro”, ricostruisce tutta la storia della coppia più instagrammata d’Italia. È un lavoro ben documentato, ma non solo. Fa emergere questioni che tutti dovremmo conoscere, per capire meglio il mondo in cui viviamo. Noi lo abbiamo letto, ecco la recensione

Quello di Selvaggia Lucarelli è un saggio di antimarketing. Il consiglio che se ne ricava, a un livello sostanziale, è quello già riportato nella dedica che apre il volume: non accontentarsi mai della prima versione della storia. Dubitare, sempre. Il vaso di Pandoro non è certo un trattato filosofico, ma la puntuale ricostruzione dell’ascesa e del crollo dei Ferragnez messa in opera dalla Lucarelli rivela un livello inferiore e sostanziale alla patinata apparenza della coppia social per eccellenza: lo storytelling. La maschera, il personaggio, l’immagine. Bisogna seguire questa traccia per capire tutta la storia dei Ferragnez. “Cosa alimentava il business e, soprattutto, il mito?”, si chiede Selvaggia Lucarelli: “La risposta è semplice: lo storytelling”. Tutto ruota intorno a questo: lo storytelling li ha creati, lo storytelling li ha distrutti.

Il mito, dice la Lucarelli. Un trattato di antimarketing, dicevamo in apertura. Il compito del marketing è quello di trasformare il brand in un mito. Nel raccontare l’inizio della relazione tra Fedez e Chiara Ferragni, l’autrice di Il Vaso di Pandoro spiega tra le righe che il marketing è molto più che un’ombra, un correlato. Come un matrimonio tra regali, si uniscono due regni. Lui è già nazionalpopolare, lei ha più follower ma copre una fetta di mercato più settoriale, quella delle giovani ragazze appassionate di moda. Lei in pubblico appare poco, lui è “un rapper velocemente imborghesito dal successo e con un famelico desiderio di attenzione. La sua irrefrenabile attrazione per i casini mediatici di ogni tipo è sempre stata figlia dello stesso desiderio: litiga con politici, rapper, giornalisti e con chiunque possa garantirgli un titolo sui giornali e qualche dissing via social”. Si completano anche dal punto di vista del marketing, suggellando il tutto in un matrimonio a Noto in cui tutto è brandizzato Ferragnez, come spiega la Lucarelli: dal biglietto aereo alle bottigliette d’acqua. Perfino lo stesso aeromobile di Alitalia porta la scritta Ferragnez.

Poi Selvaggia sviscera la questione della monetizzazione dei bambini, sulla quale i Ferragnez non si sono mai espressi con chiarezza. A questo proposito c’è anche un passaggio che vale la pena di riprendere, soprattutto in questi giorni, dopo il caso Iovino. La mamma di un compagno di scuola di Leone, sentita dalla Lucarelli dopo che uscì la notizia con il nome dell’istituto frequentanto dal figlio di Fedez che se prima, a prenderlo a scuola, “c’erano autista, bodyguard e tate, adesso c’è pure uno dei capi della curva sud del Milan che lo aspetta all’uscita”. Nel libro vengono a galla molti aspetti che spesso non vengono trattati, o che comunque la linearità della sovraesposizione dei Ferragnez non sembra volere che emergano. C’è la questione dell’invidia come unica reazione possibile di fronte al loro stile di vita, e che viene stimolata di proposito. C’è la spiegazione, peraltro ben argomentata, di come hanno fatto a sdoganare la continua ostentazione della ricchezza basandosi su tre linee strategiche: impegno sociale, vittimismo e beneficenza; ed è proprio la beneficenza a condurre al capitolo eponimo: il vaso di Pandoro, in cui si ripercorre la caduta del mito. Il fallimento del marketing, le sue insidie. Il processo autoerosivo che i Ferragnez stessi hanno messo in atto, come strategia di vendita e posizionamento.

Il vaso di pandoro è un libro che vale la pena di leggere e che bisogna leggere. Senza fingere snobismo

È il 2022, ed è Selvaggia Lucarelli stessa a lanciare il problema della finta beneficenza, tramite un’inchiesta pubblicata su Domani, il 15 dicembre. Un anno esatto dopo, esce la notizia della multa comminata dall’Antitrust a Chiara Ferragni e a Balocco per i pandori. Chi meglio della giornalista può raccontare tutta la vicenda? Tutto è ben documentato, dai tentativi di difesa messi in atto da Fedez alle opere di beneficenza compiute da lui e dalla Ferragni, prima del pandoro-gate. In chiusura, poi, ci sono anche le testimonianze di due ex dipendenti della Ferragni, e si parla anche del rapporto dell’imprenditrice digitale con il manager Fabio Damato, la rivalità di quest’ultimo con Fedez. C’è tutto, nero su bianco. 

Un libro che vale la pena di leggere, e che bisogna leggere senza fingere uno snobismo del tipo: ma basta, a me della Ferragni non può fregare di meno, o cose del genere. Perché il caso Ferragnez, oltre la mitologia, tocca tutti gli aspetti della vita sociale contemporanea, dal marketing alla sovraesposizione, dalle relazioni all’economia, e averne un quadro così preciso può soltanto aiutare a capire meglio dove ci troviamo. Il fatto che non sia potuto fare a meno di parlarne, dei pandori della Ferragni e di tutto il resto, lo dimostra: è inutile sottrarsi, perché la questione riguarda tutti noi, che ci piaccia o meno. Lo storytelling ha creato i Ferragnez, lo storytelling li ha distrutti. Il mercato dell’apparenza non può fuggire dalla verità. Se c’è una conclusione non può essere che questa.





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