diCesare Giuzzi
Lucci, 42 anni, è stato arrestato lunedì 30 settembre nell’operazione che ha sgominato le organizzazioni delle curve di Milan e Inter: capo indiscusso del tifo organizzato rossonero, finito in una foto con l’allora ministro dell’Interno Salvini, ha prima trasformato la Sud in un brand, poi – dopo il Daspo per un pestaggio violentissimo – ha «espanso» gli interessi economici e criminali. Salvini: «Violenza e mafia devono stare assolutamente fuori dagli stadi».
Lo chiamano «il Toro». Lui nelle chat criptate con i narcotrafficanti aveva scelto il nickname inequivoco «Belva Italia».
Luca Lucci, 42 anni, casa a Scanzorosciate nella Bergamasca, tra gli arrestati nella vasta operazione di lunedì 30 settembre, è il monolite del tifo organizzato rossonero. Prima dalla balaustra del secondo anello blu di San Siro, poi forzatamente dai domiciliari, lasciando la facciata del tifo a suo fratello Francesco e ai suoi pretoriani. Un esercito di fedelissimi dall’accento calabrese. Perché Luca Lucci, diventato famoso per la stretta di mano nel 2018 con l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, negli ultimi anni tra carcere e inchieste ha messo muscoli soprattutto nel mondo della malavita organizzata. Roba grossa, molto più di quanto si possa immaginare. Perché se è vero che gli ultrà non hanno pedigree mafioso, hanno bicipiti che fanno paura e un esercito sempre pronto a menare le mani. Che sia in discoteca come buttafuori, o come bodyguard di qualche vip. Leggi: Fedez (suo amico personale), e non solo.
L’ascesa di Lucci e i «Banditi»
L’ascesa di Lucci nella Sud è figlia di una incoronazione ben poco democratica. È il suo padre spirituale Giancarlo Lombardi, alias «Sandokan» — quello della guerra tra gruppi ultrà rossoneri ai tempi dell’estorsione a Galliani — a posargli la corona in testa con il beneplacito di molti nomi pesanti della malavita da stadio e non.
Lucci ha le spalle grosse ma il cervello fino. Prosegue la politica interna di Sandokan trasformando la Curva Sud in un unico gruppo, un brand. Con tanto di divisa: tutti vestiti di nero, cappuccio in testa, sciarpa sul viso a scoprire solo gli occhi. Nascono così i «Banditi». Un esercito di centinaia di ragazzi (e non) che in strada fa spavento. Di fatto è una rivoluzione anche per il mondo ultrà italiano. Il merchandising della Sud circola ben oltre il ristretto giro del tifo organizzato. I «banditi» tracciano la strada.
Il pestaggio di Virgilio Motta
Lucci è un leader assoluto. Ma in curva, nonostante l’investitura dell’ex capo, il potere va ribadito ogni giorno. E lui non si tira indietro, anzi dà l’esempio.
Si arriva al derby del 2009. Uno striscione penzola dalla Sud, alcuni tifosi interisti strappano brandelli di stoffa, e dalla gradinata del secondo anello si precipitano gli ultrà rossoneri. Sotto però non c’è tifo organizzato ma famiglie e tifosi qualunque. C’è anche Virgilio Motta, anima di un gruppo di amici che si fa chiamare «Banda Bagaj». Lucci in persona lo aggredisce brutalmente, con un pugno gli fa perdere un occhio. Una vicenda dalla quale il tifoso interista non si riprenderà mai. Fino al suicidio del 2012. Per quell’episodio Lucci viene condannato a 4 anni.
Ormai daspato, il «Toro» affida il posto in balaustra al fratello Francesco, ma lo scettro rimane suo. E anzi, mentre gli interisti si scannano e si sparano per la supremazia, nella Sud non si muove una foglia. Il potere di Lucci è solido, granitico, immutabile. E fortissimo.
La «Kobayashi srl» per gestire eventi e locali
All’ultimo derby, quello del 22 settembre vinto 2-1 dal Milan, il Toro è tornato in tribuna da uomo libero. Nel frattempo però i suoi interessi si sono spostati sempre più fuori dal Meazza. Nel 2017 apre la «Kobayashi srl» società che organizza eventi e gestisce locali. Con lui c’è il mentore Giancarlo Lombardi, il pregiudicato Michele Cilla (già coinvolto in una miriade di indagini anche con il clan Fidanzati) e come amministratore un nome storico della Sud: Giancarlo Capelli, detto il Barone. Volto pubblico della curva, ma ormai relegato al ruolo di «residuato bellico».
Lucci usa muscoli e cervello: ogni volta che il suo nome compare sui giornali minaccia (o presenta) querela. Con il suo storico legale, Jacopo Cappetta, smentisce istantaneamente voci di interessi criminali o pettegolezzi.
Gli albanesi, il traffico di droga, le barberie e i tatuaggi
Il 6 giugno 2018 però le cose cambiano. Lucci finisce in manette in un’inchiesta della polizia su un traffico di droga con gli albanesi. La droga veniva ricevuta dai trafficanti direttamente nella sede del «Clan 1899» di via Sacco e Vanzetti a Sesto San Giovanni, il ritrovo dei tifosi rossoneri. Poche settimane dopo finisce in manette anche il fratello Francesco per estorsione. A settembre dello stesso anno Lucci s’è già lasciato alle spalle l’indagine per droga: patteggia una pena di un anno e mezzo. Un anno dopo gli sequestrano beni per un milione. Poi arriva la sorveglianza speciale per tre anni.
A fine dicembre 2021, Lucci torna di nuovo in carcere per droga. L’indagine parte da un rivolo dell’inchiesta sul misterioso ferimento di Enzino Anghinelli, scampato per miracolo alla morte in un agguato in via Cadore nel 2019. Con lui finiscono ai domiciliari altri fedelissimi-ultrà Rosario Calabria e Antonio Rosario Trimboli, parentele nel clan Barbaro-Papalia della ‘ndrangheta. Il Toro va in abbreviato e viene condannato a 7 anni di carcere. Secondo le indagini Lucci sarebbe stato «al vertice dell’organizzazione» pianificando «l’attività illecita senza mai partecipare attivamente», ma «impartendo direttive attraverso il software Encrochat, installato su un telefono cellulare» con «utenza telefonica olandese». Il capo della Curva Sud nel sistema criptato di chat si faceva chiamare con il nickname «Belva Italia», per la «posizione di vertice» che ricopriva «nel traffico illecito» avrebbe intrattenuto «le relazioni con i narcotrafficanti esteri» in Brasile e in Marocco.
Ma il carcere non scoraggia Lucci e i ragazzi della Curva Sud. Anche perché il Toro ottiene in breve tempo i domiciliari. I milanisti si buttano sul business delle barberie e dei tatuaggi. Nasce «Italian Ink» catena che di fatto diventa una cassaforte di famiglia e garantisce ai fedelissimi posti di lavoro.
Il pestaggio di Iovino
Si arriva alla notte tra il 21 e il 22 aprile di quest’anno. Nel privé della discoteca The Club di via Moscova va in scena una furibonda lite tra il rapper Fedez, al secolo Federico Lucia, e il personal trainer dei vip Cristiano Iovino. Sono le settimane della rottura del matrimonio con Chiara Ferragni, ma quel che interessa accade più tardi, quando Iovino viene aggredito sotto casa in via Traiano: con Fedez ci sono alcuni ultrà del Milan e la sua guardia del corpo Christian Rosiello, fedelissimo di Lucci in Curva Sud. Una storia che fa rumore e accende i riflettori sui rapporti extra stadio dei fedelissimi di Lucci. Era già successo a inizio aprile quando un gruppo di ultrà rossoneri aveva pestato brutalmente un ragazzo a Motta Visconti, al confine con la provincia di Pavia. Una storia di droga e stadio, con tanto di filmato con il telefonino del pestaggio. A maggio invece subito dopo Milan-Cagliari un giovane romeno viene ferito a coltellate. Vengono arrestati altri pretoriani di Lucci: Alessandro Sticco, 42 anni, che è nel direttivo della curva Sud milanista, Islam Hagag, 35 anni, detto «Alex Cologno» e Luigi Margini, 43 anni. Gli ultrà rossoneri dicono di essere stati «aggrediti». Patteggiano pene tra un anno e 4 mesi e un anno e 8 mesi.
Dai negozi della catena di tatuaggi e barberie passano cantanti e vip, le relazioni di Lucci e soci crescono in modo esponenziale. Anche perché quelle criminali sono già ai massimi livelli. Tanto che nel frattempo, a gennaio, arriva anche allo scontro con il suo mentore Lombardi che approfittando dei suoi guai giudiziari voleva riprendere le fila della Sud.
Salvini: «Con i milanisti ho migliaia di foto»
«Io sono un tifoso appassionato però la violenza e la mafia devono stare assolutamente fuori dagli stadi». Il vicepremier, Matteo Salvini, ha commentato (a margine di un convegno di Anci Lombardia) l’inchiesta della procura milanese che ha permesso di smantellare le curve di Milan e Inter: «Ringrazio la polizia – ha aggiunto -. Io vado allo stadio da quando ho 5 anni e se qualcuno usa lo stadio per farsi gli interessi suoi, poi con puzza di mafia, camorra e ‘ndrangheta, va assolutamente isolato, beccato e allontanato. Quindi ringrazio le forze dell’ordine». E sulla foto del 2018 con il capo ultrà del Milan Luca Lucci ha precisato: «Ho fotografie con circa 100 mila persone. Vado allo stadio da quando sono piccino e con i milanisti ho alcune migliaia di foto. Sperando che siano tutte persone per bene».
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