Roberto Vannacci ha partecipato al Pulp podcast, condotto da Fedez e Mr. Marra. I due gli hanno fatto domande sul suo ingresso politico, i suoi continui riferimenti all’estrema destra e le uscite ‘controverse’ su razzismo, omofobia e altri temi sociali. Il generale e eurodeputato leghista ha anche parlato di cannabis e della guerra in Ucraina.
Era piuttosto attesa la nuova puntata di Pulp, il podcast condotto da Fedez e Mr. Marra, con ospite l’eurodeputato della Lega e generale Roberto Vannacci. Negli scorsi giorni, l’annuncio dell’ospitata aveva fatto parlare anche per le parole di Fedez, che aveva definito Vannacci “dieci spanne sopra” Elly Schlein dal punto di visto della comunicazione.
Nel corso della conversazione, il generale è tornato su molti dei punti più frequenti nella sua retorica: il contrasto al ‘politicamente corretto’ e alle “droghe” di ogni tipo, l’allarme sulla “censura” messa in atto da chi ha criticato le sue uscite razziste, gli ammiccamenti (negati) all’estrema destra, e anche uno spazio dedicato alla politica estera e alla necessità di tagliare gli aiuti militari all’Ucraina.
La parole di Vannacci sul razzismo e la “dittatura” del politicamente corretto
Vannacci è partito dal proprio ingresso in politica, e dal fatto che secondo lui a renderlo credibile agli occhi degli elettori è stata la sua sincerità: “Spesso il politico cerca di cavalcare un’onda mediatica per avere consenso. Io invece ho scritto un libro perché credevo veramente che ci fossero dei problemi. Erano anni che lo pensavo: il fatto che alcune parole non fossero più pronunciabili, che alcuni pensieri non fossero più considerati irricevibili”.
Per fare un esempio, il generale è – prevedibilmente – partito dalla parola ‘razzismo’: “Oggi ha significato totalmente diverso rispetto a quello originale. Cioè razzismo è quando si pensa che una etnia (perché non la si può più chiamare razza addirittura, nonostante sia una parola scritta anche nella Costituzione italiana) sia geneticamente superiore rispetto a un’altra. Una cosa che non ho mai accettato, e che la scienza ha negato più volte”.
Oggi invece “se diciamo a una persona che ha determinate caratteristiche somatiche che rappresentano una determinata etnia, questa cosa viene volutamente indicata come razzismo. È un’assurdità”, ha affermato. Dicendo che essere censurati di fronte a affermazioni del genere rischia di portare alla “dittatura più terribile”. Va ricordato che nell’esempio a cui Vannacci si riferisce (quello della pallavolista Paola Egonu) il leghista ha parlato di “italianità“, un concetto vago che non ha nulla a che fare con l’etnia.
I continui riferimenti all’estrema destra, dalla Decima mas al fascismo
Gli intervistatori hanno poi chiesto al generale se i suoi continui riferimenti al fascismo siano voluti, per attirare un elettorato di estrema destra. Vannacci ha smentito. Ad esempio, parlando dei suoi ripetuti riferimenti alla Decima Mas (corpo militare italiano che si schierò con i nazisti dopo il 1943), ha affermato che la prima volta che lo ha fatto è stato “senza nemmeno pensarci, senza troppa dietrologia”, anche se in modo “chiaramente provocatorio”.
Poi ha affermato di essere “cresciuto con gli eroi della Decima: con Durand de la Penne, con Teseo Tesei, con Bruno Falcomatà. Sono quelli che mi hanno mandato poi a fare la vita militare. Per me la Decima vuol dire coraggio, abnegazione sacrificio. Per il resto dell’Italia vuol dire anche fascismo? Sì, ma è una semplificazione secondo me errata”.
Alla domanda se si tratti di modo per “strizzare l’occhio” all’estrema destra – con gli elogi alla Decima, ma anche con l’uso del termine ‘camerata’ e molti altri riferimenti più o meno espliciti al fascismo – Vannacci ha risposto “perché no?”, per poi specificare: “È possibile, ma non è stato mirato per questo”. E sul fascismo: “È un periodo storico, con tutti i suoi difetti, però è esistito. Dobbiamo studiare la storia, non rinnegarla”.
Il generale ha anche detto che dichiararsi antifascista sarebbe sostanzialmente inutile: “Il fascismo è finito ottant’anni fa“, ha detto, con una semplificazione storica. “Io non chiedo a una persona di dichiararsi anti-napoleonica, anti-imperiale o anti-giacobina: perché dovrei chiedere di dichiararsi antifascista?”. Si tratterebbe, ha affermato, di una “strategia” della sinistra.
Il rifiuto di Vannacci alla canna offerta da Fedez e il confronto sull’alcool
Un segmento del podcast è stato dedicato alla cannabis, e in particolare alla stretta sull’uso di cannabinoidi nel nuovo Codice della strada. Una stretta che rischia di mettere in difficoltà tutti i malati che usano cannabis terapeutica. “Non sono un esperto”, ha iniziato Vannacci. “Lo scopo della legge è evitare gli incidenti. Se io fumo una canna e dopo un mese guido, ed è scientificamente dimostrato che questo non ha nessun effetto sulla mia capacità di guida, allora non ha senso vietarlo”. Non a caso, dopo aver scritto male la norma, il ministero dei Trasporti di Matteo Salvini si starebbe mobilitando in questi giorni per stabilire delle deroghe per questi pazienti.
Il discorso si è poi allargato alla cannabis in generale. Fedez ha offerto a Vannacci di provare un tiro di una canna sul momento, e l’eurodeputato ha rifiutato: “Non è una cosa che mi attira”. Sulla questione del divieto della cannabis light invece si è tirato indietro con una generalizzazione (sbagliata dal punto di vista scientifico): “Non conosco la differenza tra la light, la heavy… Se sono droghe sono droghe, se bruciano i neuroni bruciano i neuroni. Quello che so è che molto spesso si inizia con la canna per poi andare a finire su altre droghe”.
È seguito poi un paragone con l’alcool. Vannacci ha detto di aver recentemente partecipato a un “simposio scientifico” in cui “hanno dimostrato” che anche se “la molecola dell’alcool è tossica“, un “uso moderato, soprattutto durante il pasto, di vino, abbassa rilevantemente le morti”. Fedez poco dopo gli ha chiesto: “Quindi un bicchiere di vino sì e una canna no?”, e il generale ha replicato: “Sì, questa è la mia visione”.
La linea del generale sull’Ucraina: negoziare e cedere territori alla Russia
Infine, il discorso si è spostato sulla guerra in Ucraina. Vannacci ha detto di sostenere una linea “pragmatica”, e ha aggiunto che “il pragmatismo spesso e volentieri si scontra contro l’umanità”. Poi ha ribadito le sue posizioni, in linea con quelle della Lega, contrarie a un supporto a Kiev e decisamente più favorevoli a cercare un negoziato alle condizioni del presidente russo Putin.
Un’intenzione che potrebbe passare dalla nuova presidenza di Donald Trump negli Stati Uniti: “Trump ha promesso di far finire queste guerre, e ha uno strumento eccezionale per farlo: far terminare le risorse”. Ovvero tagliare gli aiuti economici e militari all’Ucraina: “Magari non in una maniera immediata, ma far capire che le risorse non sono infinite”.
Da questo dovrebbe poi “partire la negoziazione”. Un negoziato in cui “ormai sono tanti i capi di Stato che dicono che il fatto che la Russia non lasci i territori” deve essere assodato. “Perché probabilmente non li lascerà”. D’altra parte, ha detto Vannacci, “la pace giusta non è mai esistita: esiste la pace dei vincitori. Se ognuno pensa di poter vincere totalmente la guerra non si va da nessuna parte. I primi a pagare questa guerra sono gli ucraini, ma poi a pagare fondamentalmente sono gli europei”.
La linea quindi sarebbe quella di togliere gradualmente gli aiuti a Kiev, e forzare così un negoziato in cui la Russia possa portare ufficialmente sotto il proprio controllo dei territori ucraini. Anche se “con la pace non è detto che debbano essere cancellati i crimini di guerra” della Russia.
Naturalmente sarebbe da escludere l’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Secondo Vannacci, la Russia avrebbe invaso perché storicamente ha puntato molto sull’ampiezza del proprio territorio per difendersi, e quindi quando l’Ucraina “gli è stata tolta” (si presume dopo la caduta dell’Urss, anche se il generale non lo ha specificato), si è “sentita minacciata esistenzialmente”. Cosa che avverrebbe ancora di più se il Paese dovesse entrare nella Nato.
Il rischio se la guerra continua è il “baratro della distruzione termonucleare“. Perché “l’unico modo per vincere questa guerra è far entrare la Nato in guerra, e a quel punto il rischio termonucleare diventa quasi certezza”. Al contrario, tirandosene fuori non ci sarebbe il pericolo che l’espansionismo russo continui: “Non credo che Putin abbia mai l’intenzione di attaccare un Paese che fa parte della Nato. Non ha nessun interesse a invadere l’Ungheria, la Polonia o la Romania”.
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